È un sabato pomeriggio umido tra le morbide colline del Monferrato, famose per i vigneti, le nocciole e i tartufi. Ma la birra non sembra essere da meno, almeno quella prodotta da Q120, un piccolo birrificio artigianale in provincia di Asti.
Incontro Carlo, ingegnere chimico, e Andrea attivo nel ramo farmaceutico, due tra i soci fondatori e mi faccio raccontare la loro storia.
Il progetto del birrificio nasce alcuni anni fa nella mente di Andrea, ma solo dopo aver conosciuto Carlo il sogno di produrre birre artigianali locali prende vita.
Così insieme ad altri quattro soci, i fratelli Caliendo, Carlo fonda nel 2011 il birrificio nella casa storica della famiglia di questi ultimi.
Nel periodo della Prima guerra mondiale i locali venivano utilizzati per costruire carri da trasporto e carri porta munizioni, tanto che ancora oggi alle pareti della birreria si possono ammirare foto risalenti a quell’epoca, testimonianza del passato storico del luogo, senza dubbio ancora ricco di fascino.

Iniziamo a parlare delle tradizioni che riguardano la produzione della birra artigianale e scopro che il fenomeno dei birrifici artigianali nasce negli Stati Uniti e in Belgio.
La birra viene prodotta principalmente con il malto d'orzo, elemento base al quale vengono aggiunti luppolo, lievito ed acqua. I birrifici artigianali prediligono l’utilizzo di ingredienti naturali, ma è rarissimo che l’approvvigionamento delle materie prime avvenga da fornitori locali a livello italiano. In Italia non esistono grandi malterie ed è quasi impossibile produrre autonomamente il malto, ingrediente principale della birra, in quanto la maltazione è un processo estremamente complesso ed è difficile renderlo efficiente a livello artigianale. Il malto pertanto viene acquistato dall’Inghilterra o dal Belgio, principali Paesi produttori. Le stesse considerazioni valgono per il luppolo, la cui fornitura avviene dagli Stati Uniti.

Qual è il segreto della birra artigianale? Il vero segreto della produzione della birra artigianale è il processo di lavorazione del prodotto. È in questa fase che le mani esperte del mastro birraio trasformano semplici materie prime in una bevanda unica e genuina. L’artigianalità è insita nel modo di lavorare e le operazioni da effettuare sono essenzialmente manuali. Dalla vetrata del locale si possono vedere i macchinari del birrificio. Rimango affascinata dall’estrema precisione e rigore del metodo di lavorazione, ma allo stesso tempo dalla passione che anima i ragazzi del Q120.

Che cos’hanno di speciale le birre prodotte da Q120? Carlo ha messo a punto personalmente le ricette delle birre: l’idea di fondo era di creare una formula poco elaborata, mantenendo al contempo un’alta genuinità del prodotto, trovando il giusto compromesso tra semplicità e ricercatezza.
Il risultato è sotto gli occhi di tutti: il birrificio Q120 produce otto birre di alta fermentazione, ispirate con una certa libertà creativa alle tradizioni inglese e belga delle “ale”, per un totale di circa 20.000 litri all’anno. Il prodotto non è particolarmente alcolico (fra i 4 e i 6,5 gradi) e questo rende la bevanda più leggera.
Le birre, che coprono l’intera gamma cromatica, vengono vendute principalmente nella zona di Asti e Torino oppure vengono degustate nella birreria adiacente al birrificio o durante le diverse “Feste della birra” che animano il territorio locale.
Ma c’è di più. Al birrificio ha fatto seguito due anni dopo una birreria, dove vengono promossi i produttori locali di cibo a filiera corta, con i quali Q120 ha creato una sorta di rete di connessione. Salumi, formaggi e carne inclusi nel menù sono tutti a km 0.
E per i più golosi c’è il Birramisù, un particolare tiramisù preparato con la birra scura, assolutamente da non perdere!

Info: Birrificio Q120 Via Asti, 32  - San Damiano D’Asti.
Apertura: dal mercoledì alla domenica 19.00-02.00.







Tour di giornalisti tra le aziende della piana del tavoliere, un "Visit Tour" tra Cerignola, Orta Nova e Ordona alla scoperta dell'arte, della cultura e delle eccellenze enogastronomiche delle aziende locali. Questa l'iniziativa del Gal "Piana del Tavoliere" che ha raccontato il territorio ad una platea di giornalisti di testate estere, nazionali e locali. Due giorni durante i quali gli ospiti hanno toccato con mano la qualità produttiva di un tessuto agro-economico, che ha già ottenuto ampi riconoscimenti anche per la sua capacità di innovazione, pur nel rispetto delle tradizioni.
In apertura del Visit Tour, si è tenuto un workshop sul tema: "I linguaggi della comunicazione -Raccontare la tipicità" presso l'auditorium della storica Scuola Agraria di Cerignola, intitolata a "Giuseppe Pavoncelli" di Cerignola.
Dopo i saluti delle autorità, Franco Metta, sindaco di Cerignola, Valerio Caira, presidente del "Gal Piana del Tavoliere" e Pio Marra, dirigente dell'istituto "Pavoncelli"- introdotti da Natale Labia, vicepresidente dell'Ordine dei Giornalisti di Puglia- si è aperto il dibattito con le relazioni di Silvia Marchetti, giornalista, collaboratrice di CNN Travel, Rosalia Chiarappa, direttore Apuliamagazine-Città Meridiane, Michele Bungaro, responsabile relazioni istituzionali Unaprol e Rossella Grandolfo, caposervizio Agenzia News Mediaset.
L'evento, inquadrato nel segmento delle attività di misura dell'informazione alle imprese e al territorio previste dal PSR, ha avuto l'obiettivo di far comprendere l'importanza strategica della comunicazione, con particolare riferimento alle attività di internazionalizzazione e di valorizzazione turistica e culturale. Quindi fari puntati sul territorio del "Basso Tavoliere" e le sue tipicità.